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  • Immagine del redattoreAnna Centore

Ma tu... in cosa credi?

Riflessioni aperte: note sul valore di una domanda scomoda



Domanda scomoda, anzi scomodissima.

Ci pone di fronte ad una sfida dove siamo tutti disarmati: ci impone di fermarci, per più tempo di quello che abbiamo a disposizione, e di essere oneste ed onesti con noi stessi - forse come non lo siamo stati mai. Ci impone di pensare.


Facciamo questo esercizio insieme, proviamo a rispondere alla domanda: in cosa credo? - va bene anche rispondere a formule differenti della stessa questione: in chi credo? Quali sono i #valori in cui credo? Quali sono i valori che porto con me e che mi portano ad agire? Sto agendo davvero secondo i miei valori?. Prima di procedere con la lettura, proviamo a rispondere seriamente, prendendoci il dovuto tempo e soprattutto il dovuto coraggio di rispondere in maniera onesta.


Quali sono le prime cose che tornano in mente? Forse ci accorgiamo che, nel rispondere, intraprendiamo un viaggio inaspettato, un percorso all'interno di chi siamo, delle nostre esperienze, delle persone che abbiamo incontrato o che abbiamo anche solo visto/ascoltato. Forse ci tornano in mente personalità che ci hanno in qualche modo ispirato. Qualcuno potrà rispondere facendo riferimento al proprio dio o alla propria religione, altri ancora forse si chiederanno subito dopo aver risposto: Perché, cosa mi porta a credere in questa cosa? Ha davvero senso per me credere in questo valore in questo momento della mia vita? Credo forse in qualcos'altro?.


Ecco che rispondere a questa domanda significa riflettere non solo su chi siamo oggi, ma anche su chi siamo stati in passato e su ciò che vorremmo diventare per il futuro. Significa iniziare ad essere pienamente coscienti e risvegliarci dal torpore del sonnambulismo in cui siamo soliti agire. Significa avere #rispetto e devozione nei confronti di un valore, di una persona, di un'esperienza, di una divinità, di un sistema, di un ricordo, di un'azione, di una credenza, di una possibilità, di una visione (o in contemporanea avere fiducia in più e diversi aspetti tra quelli precedentemente elencati).


Credere è un vero e proprio atto di fede, di fedeltà e di fiducia: più siamo consapevoli di ciò in cui noi crediamo, più possiamo portare rispetto nei confronti di noi stessi e degli altri.


In questo senso credere non è semplice, perché ci può allontanare dal sistema di credenze che hanno e che muovono le altre persone. C'è chi per questa ragione preferisce silenziare le proprie credenze, i propri valori, le proprie aspettative, la propria voce, i propri pensieri e vivere sulla base delle credenze degli altri. Anche questo è umano: se è vero che non siamo altro che "animali sociali" alla continua ricerca di sostentamento e riconoscimento da parte della propria comunità e degli altri, comprendiamo cosa sia questa sfiancante necessità di intessere relazioni che ci permettano di sopravvivere materialmente e moralmente. D'altra parte, c'è chi invece avvia una vera e propria battaglia per poter affermare il proprio sistema di credenze, per poter permettere al proprio sistema di credenze di agire nel mondo, rispettando anche il valore di sistemi e credenze altrui.


Allora credere, credere davvero, non è per tutti e comporta inevitabilmente dei sacrifici: credere non solo ci può portare a sacrificare alcune relazioni (lasciando intatto e ben saldo il rispetto per sé stessi), ma può portare anche a sacrificare delle parti di noi, ad esempio nel momento in cui ci rendiamo conto di non creder più a determinate cose e di rivolgerci verso altre. È un distacco che avviene non senza dolore, non senza una piccola "morte" interiore, ma che porta con sé il dono di un'accresciuta autoconsapevolezza, di una visione più grande perché inclusiva anche di ciò che abbiamo perso e messo da parte, perché ci permette di far spazio ad altre #possibilità; il tutto in un processo di rinascita che è stato egregiamente descritto nella poesia "Autotomia" da parte della poetessa Wislawa Szymborska (dividerò i versi tramite il simbolo " / "):


In caso di pericolo, l'oloturia si divide in due: / dà un sé in pasto al mondo / e con l'altro fugge. / Si scinde in un colpo / in rovina e salvezza / in ammenda e premio, / in ciò che è stato e ciò che sarà. / Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso / con due sponde subito estranee. / Su una la morte, sull'altra la vita. / Qui la disperazione, là la fiducia. / Se esiste una bilancia, ha piatti immobili. / Se c'è giustizia, eccola. / Morire quanto necessario, senza eccedere. / Rinascere quanto occorre da ciò che si è salvato. / Già, anche noi sappiamo dividerci in due. / Ma solo in corpo e sussurro interrotto. / In corpo e poesia. / Da un lato la gola, il riso dall'altro, / un riso leggero, di già soffocato. / Qui il cuore pesante, / là non omnis moriar, / tre piccole parole, soltanto, tre piume di un volo. / L'abisso non ci divide. / L'abisso ci circonda.
- #WislawaSzymborska, da "Ogni caso", 1972, alla memoria di Alina Poswiatowska


Ecco che la credenza stessa può porsi metaforicamente come quell'abisso che non ci divide ma che ci circonda, portandoci a quei risi leggeri e di già soffocati nel momento in cui ci rendiamo conto che le nostre credenze possono essere al tempo stesso i nostri limiti ed il superamento di essi, disperazione e fiducia, morte e rinascita insieme.


Dunque, rispondere alla domanda in cosa credi?, a me ricorda vagamente la sensazione goffa di quando si tenta di rispondere alla domanda "cosa vuoi diventare da grande?", e forse non è un caso. In fondo queste domande si richiamano reciprocamente: possiamo rispondere alla domanda del chi vogliamo diventare solo se sappiamo in cosa crediamo, cosa ci interessa davvero, chi siamo, cosa vogliamo portare nel mondo... poi magari pensiamo anche al come poterlo portare, in base alla realtà che ci circonda.

Ricordo ancora che a questa domanda rispondevo in maniera sempre diversa e ad ogni risposta ottenevo delle espressioni a dir poco "sconvolte": nella mia testa sarei diventata prima una grande scienziata, poi un'archeologa alla ricerca di verità da scovare nelle remote regioni delle antiche civiltà, poi un'investigatrice con i "superpoteri" dell'invisibilità e del travestimento, poi criminologa forense alla ricerca di verità nascoste, per poi sognare di essere volontaria e fotografa in giro per il mondo, ah e non per ultimo presentatrice di documentari costantemente all'avventura (sempre in giro per il mondo ovviamente)... insomma mi è mancato poco per i reportage di guerra, ma ammetto che anche quelli hanno una certa presa su di me.

Adesso forse si spiega anche il mio approdo in filosofia ed il fatto di non voler mai dare una risposta definitiva - anche se, fortunatamente, qualche risposta in più l'ho comunque trovata nel corso del tempo.


Ad ogni modo, #credere forse vuol dire anche questo: poter sentire di essere tutto quello che si vuole, declinando i propri interessi in maniera sempre diversa e senza arrestarsi obbligatoriamente ad un qualcosa di specifico ed unico. Credere è un po' come scoccare una freccia, avvertendo solo le proprie sensazioni ed evitando di prendere la mira troppo a lungo, prima che la mano inizi a tremare per il solo fatto di aver pensato troppo.


Penso che credere sia una Rivoluzione che ciascuno di noi porta dentro di sé e fuori da sé, una rivoluzione che ci muove molto più di quanto non immaginiamo e che, se consapevole, ci può portare a grandi, enormi cose. Dovremmo forse imparare a credere di più e a portare maggiore rispetto per chi crede in sogni ed obiettivi più grandi di quelli che potrebbe raggiungere guardando alla sola realtà. Se ci sono stati dei cambiamenti nel mondo, questi non sono mai stati fatti all'insegna del: "si è sempre fatto cosi'", "non posso perché...", "questo è impossibile", "non siamo ancora pronti a...", "non sei ancora grande per...", "non puoi perché...". Al contrario, qualsiasi cambiamento è partito e parte sempre da una lotta allo stato presente delle cose, perché si ha estrema fiducia - si crede fortemente - nel fatto che prima o poi quel cambiamento possa arrivare e che arriverà, costi quel che costi. "Chi dice che è impossibile non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo"".


E allora diamo di nuovo spazio alle domanda scomode...

...anzi, scomodissime:


Ma tu, in cosa credi?

Cosa porti con te in giro per il mondo?

Come pensi di poter realizzare il tuo sistema di credenze?

Qual è il primo passo che hai messo in atto, o che vorresti mettere in atto, per realizzarlo?

Ma tu, un atto di fede e di fiducia nei confronti delle tue stesse credenze l'hai mai fatto?

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